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Recensione: Jean Hyppolite, Introduzione alla filosofia della storia di Hegel, a cura di L. Calabi (Wilma Pilati)

Condividiamo la recensione di Wilma Pilati al volume Introduzione alla filosofia della storia di Hegel di Jean Hyppolite, a cura di Lorenzo Calabi ed edito da ETS (2016).

La recensione è apparsa in Universa. Recensioni di Filosofia, vol. 7 n. 2 (2018) ed è scaricabile in formato pdf a questo link.

 

 

Introduzione alla filosofia della storia di Hegel esce in Francia nel 1948 e pone al suo centro gli scritti giovanili hegeliani pubblicati da Herman Nohl nel 1907 sotto il titolo Hegels theologische Jugendschrifen. Lo troviamo in questa edizione in una nuova traduzione e curatela di Lorenzo Calabi che offre la possibilità di confrontarsi con i riferimenti di Hyppolite proponendoli sia in tedesco sia in italiano, così come con alcuni passaggi del testo in francese e con alcune revisioni della traduzione inglese. Questa edizione di Introduzione alla filosofia della storia di Hegel, pubblicato già in Interpretazioni hegeliane nel 1980 da Roberto Salvadori, garantisce quindi per la prima volta l’accesso a fonti critiche tradizionali e più recenti.

La curatela di Calabi assume come propria fonte italiana la traduzione degli scritti giovanili di Hegel del 1972, considerando tuttavia anche la loro riedizione successiva al riordinamento che dobbiamo alle Gesammelte Werke e che rinveniamo anche nell’edizione italiana a cura di Mirri. Com’è noto, la prima conseguenza della revisione dell’ordinamento e dei nessi tra gli scritti di Berna e Francoforte è il decadere dell’aggettivo “teologici” dal titolo dell’opera. Questa variazione non introduce però una novità fondamentale rispetto alla lettura di Hyppolite, data la sua posizione in merito all’edizione del Nohl, che di fatto anticipa gli esiti dei successivi studi filologici. Hyppolite, infatti, non asseconda la lettura teologica degli scritti giovanili, rinvenendo in essi, piuttosto, un interesse per la dimensione storica anche rispetto al tema della religione.

Nel rivolgersi al giovane Hegel, l’obiettivo di Hyppolite consiste nel mostrare come la peculiarità del pensiero hegeliano nell’ambito dell’idealismo costituisca un elemento che caratterizza tutta la sua opera, segnandone la continuità. In altri termini, il tratto peculiare della filosofia hegeliana è in grado di schiudere una prospettiva in cui non si dà opposizione tra la produzione giovanile ed il sistema. Inoltre, esso permette una revisione della lettura che Hegel stesso propone dei propri scritti. Lo studio del primo pensiero hegeliano, secondo uno Hyppolite in sintonia con la critica di Lucien Herr, consente infatti di rivedere “la filiazione Kant, Fichte, Schelling, Hegel” (IFS, p.33), schema storico-filosoficamente seducente ma riduttivo se si intende rinvenire la peculiarità della filosofia hegeliana.

In questo quadro, Hyppolite considera gli Scritti giovanili decisivi per l’interpretazione dell’intera opera hegeliana, poiché permettono di cogliere due aspetti del suo pensiero precedentemente lasciati in ombra: un primo, che pone in evidenza il preliminare chemin de culture, o la Bildung, che testimonia in Hegel un approccio descrittivo antecedente quello filosofico, e un secondo, che permette di individuare il terreno della formazione hegeliana in problemi di carattere concreto, di indirizzo religioso e storico (ivi, p.35).

La lettura in termini teologici, formulata “forse un poco a torto” (ivi, p.37) da Nohl, viene riorientata grazie alla volontà dimostrata da Hegel di “forgiare nuovi concetti atti a tradurre la vita storica dell’uomo, la sua esistenza in seno a un popolo o in una storia” (ibid.). Questo sguardo sugli Scritti giovanili permette a Hyppolite di individuare un elemento comune all’idealismo hegeliano e al pensiero fenomenologico contemporaneo, in particolare al pensiero di Husserl. L’intento fenomenologico di un “ritorno alle cose stesse”, di uno studio “diretto” e non più configurato come scienza della scienza, richiama la formazione hegeliana di Tubinga, Berna e Francoforte. “Pensare la vita, ecco il compito” (ibid.).

Il concetto di vita, in questo contesto, tuttavia, non è legato tanto alla dimensione biologica, quanto a quella spirituale, per Hegel inscindibile dalla storia. “Se si volesse dare una definizione globale della filosofia hegeliana, per esprimerne l’intuizione fondamentale, la fonte, ci sembra si dovrebbe dire che ha voluto essere il pensiero della vita umana” (SMH, p.9). Secondo la lettura di Hyppolite, in questo caso esplicitamente prossima a quella di Koyré, la vita spirituale a cui pensa Hegel è “meno una tendenza biologica che del desiderio dell’uomo” (ibid.), e richiede che la storia, a sua volta, venga concettualmente riconfigurata ed intesa come spirituale. Lo spirito, realtà sopraindividuale o spirito di un popolo, si pone al centro dell’attenzione del giovane Hegel, indirizzando il suo pensiero sul tema delle totalità storiche. Quest’ultimo caratterizzerà il pensiero hegeliano, all’interno di un contesto filosofico interessato invece prevalentemente al tema dell’arte e ai rapporti tra uomo spirituale e natura (IFS, p.40).

Le opere giovanili restituiscono il germe del pensiero hegeliano, dimostrando il suo proposito “di apprendere il divenire storico e di riconciliare il tempo e il concetto” (ivi, p.56). Questa ricerca conduce Hegel alla scoperta di una frattura insanabile tra il mondo antico e quello moderno, legata al mutamento della concezione della libertà. Nella modernità, la ricchezza prende il posto dello Stato, della realtà viva della Città antica, e il diritto privato si sostituisce all’antica legge religiosa. Si sviluppano così atomismo sociale e religione privata, due realtà per cui l’idea appare come un al di là inaccessibile e in cui Hegel rinviene le origini della coscienza infelice. Le riflessioni dei periodi di Berna e Francoforte rispetto alla possibilità di una nuova armonia tra individuo e Stato si concentrano sul problema del rapporto tra ragione e storia e convergono sulle nozioni di positività e destino. Il concetto di positività, elaborato nel periodo di Berna e inteso come dato storico e imposizione esterna, viene rapportato a quello di religione facendo emergere quest’ultima ad un tempo come opposta alla religione naturale e come esteriorità rispetto alla ragion pratica. La religione positiva sancisce una legge che l’individuo subisce e che, tuttavia, deve conciliare con la razionalità. Si tratta quindi di evidenziare la necessità di una riconciliazione dell’uomo con la sua storia, il cui esito sarà l’emergere di una razionalità concreta e viva.

Contestando la tesi di Dilthey per cui tra il periodo di Berna e quello di Francoforte si assisterebbe al passaggio dall’approfondimento della filosofia pratica kantiana ad un panteismo e misticismo irrazionale ispirato a Hölderlin, Hyppolite sottolinea la continuità evolutiva dei due momenti dell’opera hegeliana. Con Glockner si può sostenere che l’elemento irrazionale in ogni vita e in ogni manifestazione della vita sia una nota fondamentale del pensiero di Francoforte, ma contemporaneamente è indispensabile rivedere la definizione di Dilthey, valorizzando la nozione di destino. Il destino individuale, nel primo Hegel, costituisce il concetto cardine del pensiero della vita e della storia: esso si distingue dalla storia del mondo e dal pathos di individui e popoli. “Il destino è la coscienza di se stessi, ma come di un nemico” (ivi, p.73). Tuttavia, attraverso un amor fati, che in Hegel si esprime come “muori e diventa” (ivi, p.74), si schiude la possibilità della coscienza della libertà, ossia della riconciliazione con il destino in generale e con la storia. L’amor fati o la conciliazione con il destino esprimono ad un tempo “l’essenza del tragico” (ibid.) che attraversa gli scritti hegeliani e la scoperta di una razionalità che rivela la positività vivente come destino. In questo nesso traspare sia l’inquietudine del finito come punto di giuntura tra il pantragismo ed il panlogismo hegeliani, sia la vita come rapporto dialettico dell’uno e del molteplice e quindi come infinità, che verrà sviluppata nel periodo di Jena (ivi, p.100).

La concezione dell’infinità, della vita e del destino della positività, costituisce secondo Hyppolite lo scarto costitutivo rispetto a Kant e Fichte, ciò che chiarisce tanto il ripensamento hegeliano della sfera pratica quanto l’introduzione del tema della storia dei popoli. Il tema della storia, quindi, secondo Hyppolite, è presente anche nel periodo di Jena, nonostante rimanga in ombra in ragione dell’influenza di Schelling. L’articolo sul diritto naturale ne è conferma: Hegel, in questa sede e sotto l’influenza di Schelling, “poetizza” (ivi, p.112) la propria concezione dello Stato offrendone una rappresentazione “statica” (ibid.). Per Hyppolite, nell’articolo sul Naturrecht, l’esistenza storica “non è […] ancora la storia nel senso pieno del termine” (ibid.), e questa filosofia della storia hegeliana è solo la radice di quanto verrà sviluppato più ampiamente a partire dalla Fenomenologia. Già a partire dall’articolo sul Naturrecht si nota tuttavia come la positività incarni l’etica restituendo il concetto di popolo come individualità o manifestazione unica dell’assoluto. Il motore del divenire storico corrisponderà all’inadeguatezza di ogni spirito determinato rispetto allo spirito assoluto e ad un’inquietudine della dimensione storica che si dimostrerà capace di dare ragione della sua tragicità, di chiarire il superamento di ogni manifestazione finita come destino e la libertà come conciliazione con esso. Hegel, infatti, rinviene in ciascun popolo tanto l’incarnazione concreta, la determinatezza dell’etica, quanto la necessità della guerra per la sua salute. I problemi sollevati dal tema della guerra nel periodo di Jena, come ad esempio la sottomissione dei popoli particolari da parte degli imperi, verranno arginati solo nell’ultima filosofia di Hegel, considerata da Hyppolite, sulla scia di Émile Bréhier, come conciliazione di una teoria delle civiltà originali e una teoria del progresso.

In questo quadro, le riflessioni hegeliane sullo Sato e sulla storia non vengono considerate da Hyppolite nel 1948 solamente come una peculiarità all’interno dell’idealismo, ma anche come apporto imprescindibile alla tradizione filosofica francese, la quale, da Descartes a Bergson, si è sottratta al tema della storia (ivi, p.152). Nonostante lo Hegel della maturità proponga una sintesi tra spirito oggettivo e spirito soggettivo che “non è forse integralmente realizzabile” (ibid.), “quello che non si può negare è l’importanza della filosofia hegeliana dello Stato per il pensiero e per la vita dei contemporanei” (ivi, p.151): una considerazione che trova conferma nel rinnovato interesse francese per gli studi hegeliani emerso a partire dalla prima metà del Novecento. Lo scritto di Hyppolite, inserendosi esattamente in questo contesto, non solo testimonia la crescente attenzione per l’opera hegeliana nella Francia del Novecento, ma pone anche in evidenza il rapporto che sarà al centro dell’interesse dello Hyppolite filosofo e non più soltanto brillante interprete, ossia quello tra il pensiero e la sua storicità. Questa sua nuova edizione critica è quindi di interesse tanto per gli studi hegeliani, quanto per quelli di una contemporaneità francese interessata al quesito del senso della storia in rapporto all’esistenza (FPP, pp.974-75; p.989), di cui Hyppolite fu parte attiva e di cui oggi possiamo ricostruire criticamente le ispirazioni ed i problemi grazie alle poche ma illuminanti pagine di Introduzione alla filosofia della storia di Hegel.

Bibliografia

Jean Hyppolite, Figures de la pensée philosophiques, vol. I e II, PUF, Parigi 1971. [FPP]

Id., Introduzione alla filosofia della storia di HegelI, a cura di Lorenzo Calabi, ETS, Pisa 2016. [IFS]

Id., Saggi su Marx e Hegel, tr.it. Stefano Tommaso Regazzola, Bompiani, Milano 1963. [SMH]

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