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Classical german philosophy. University of Padova research group

Book Review: Richard D. Winfield, “Hegel and the Future of Systematic Philosophy” (Alessandro Esposito)

Proponiamo la recensione del testo di Richard D. Winfield, Hegel and the Future of Systematic Philosophy, scritta da Alessandro Esposito e apparsa sull’ultimo numero di Universa. Recensioni di filosofia (Volume 6, n. 2 – 2017). Il testo PDF della recensione è disponibile al seguente link.

 

Richard D. Winfield, Hegel and the Future of Systematic Philosophy, Palgrave MacMillan, 2014, pp. 210, € 88.39, ISBN 9781137442383

Alessandro Esposito, Università degli Studi di Padova

È certamente da considerare uno dei grandi insegnamenti della filosofia classica tedesca quello di comprendere il lavoro teoretico sempre e anche in funzione del compito pratico. La filosofia hegeliana è diventata, soprattutto negli ultimi anni, e a ragione, il punto di riferimento per coloro che, a partire da una fondazione logico-filosofica del pensiero, ne vogliano dimostrare la necessaria e decisiva incidenza sul piano politico-culturale.

L’intersecarsi di queste due sfere, quella teoretica e quella pratica, è alla base del libro di Richard D. Winfield Hegel and the Future of Systematic Philosophy. Il volume, oltre all’introduzione, presenta due parti, intitolate rispettivamente Phenomenology and Logic e Nature and Humanity. La prima parte comprende sette capitoli ed è dedicata appunto alla presentazione del pensiero hegeliano nelle sue strutture logiche fondamentali. La seconda, invece, divisa in sei capitoli, si occupa della declinazione di tali strutture sul piano del reale, cercando di estrapolare dalle assunzioni hegeliane nuove prospettive per la discussione contemporanea nei vari campi del sapere pratico.

Procediamo però con ordine. Winfield avvia il suo percorso di analisi presentando nell’Introduzione al suo lavoro il motivo per il quale è utile riprendere Hegel in un’ottica contemporanea. La filosofia hegeliana corrisponderebbe per l’A. a una forma di anti-fondazionalismo, capace di far fronte a quelle lacune, che l’illuminismo aveva mostrato tentando di dare una fondazione ontologica all’autonomia dei soggetti. Hegel non abbandonerebbe l’intento di giustificazione dell’autonomia, ma ne individuerebbe la radice fondamentale nel concetto di “libertà” come “autodeterminazione” senza fondamento, senza presupposto (p.X).

Il primo capitolo è dedicato dall’A. all’analisi delle assunzioni generali alla base della Fenomenologia dello spirito di Hegel. La scelta di cominciare la riflessione a partire dall’opera jenese non si può certo dire originale, ma è sicuramente funzionale alle intenzioni di Winfield. La Fenomenologia è letta come un forte attacco da parte di Hegel alle forme di fondazionalismo epistemologico. Attraverso il percorso della coscienza, Hegel mostra il dissolversi delle opposizioni soggetto-oggetto, sino alla definizione del vero carattere del sapere: “il vero sapere che deve essere indagato dalla vera epistemologia deve essere un sapere del sapere, non ci può essere più alcuna distinzione tra soggetto e oggetto, nessuna opposizione della coscienza, nella quale il sapere si confronti con qualcosa diverso da sé” (p.14).

L’argomentazione anti-fondazionalista, esposta attraverso il movimento fenomenologico, nel secondo capitolo viene rideterminata attraverso le nozioni di negazione e determinazione a livello logico. Mediante il confronto non solo con Hegel, ma anche con Platone, Aristotele, Spinoza, Derrida e Pierce, l’A. cerca di mostrare come il concetto di negazione sia gravido di implicazioni, fondamentali per la definizione di un sapere basato sulla capacità di determinare l’“altro” e, contemporaneamente, di autodeterminarsi.

Il terzo capitolo è dedicato al “reame categoriale” (p.36) dell’essenza, analizzata sia nella Scienza della logica sia nell’Enciclopedia delle scienze filosofiche. Proprio nel confronto tra le due esposizioni hegeliane, l’autore mostra in che misura lo sviluppo di una razionalità autonoma necessiti del passaggio attraverso i momenti dell’opposizione dell’essenza all’inessenziale e all’essere illusorio. L’identità nell’essenza può essere fondata solo attraverso l’esplicitazione del passaggio dal porre, all’essere esterno e, infine, all’essere determinato.

Nei capitoli precedenti l’obiettivo principale è stato la dimostrazione della necessità dell’elemento esterno nel processo di autodeterminazione. Nel quarto capitolo l’attenzione dell’A. si rivolge alla concezione hegeliana di una “oggettività del pensiero”. L’A. muove delle forti critiche a quelle posizioni contemporanee, come l’epistemologia fondazionalista, che leggono il pensiero come soggettivo e cristallizzato in un possesso di universali astratti (p.49). Al contrario, l’universale del pensiero, in quanto autonomo, deve essere compreso, secondo l’insegnamento hegeliano, nel suo realizzarsi attraverso individualità anch’esse autonome; ovvero, deve essere compreso come intrinsecamente legato a forme di particolarizzazione.

Il quinto capitolo è proprio la rideterminazione di questa relazione tra universalità e oggettività attraverso il concetto fondamentale di “Idea”. Grazie al confronto con Platone e Kant, si mostra come per Hegel l’apice dell’Idea si raggiunga solo nell’accettazione della relazione dinamica tra l’universale e l’oggetto che gli è opposto; “la corrispondenza del concetto e dell’oggetto della determinatezza logica è ottenuta sia nella concettualizzazione che nella costituzione oggettiva della logica” (p.66).

In quest’ottica, è centrale il legame tra “verità” e “bene”, ovvero tra teoria e pratica. Nel sesto capitolo l’A. continua la disamina delle posizioni di Platone, di Kant e di Hegel, ribadendo la necessità di un pensiero senza presupposti come elemento fondamentale per l’identità e l’integrazione del comprendere teoretico e dell’agire pratico.

L’ultimo dei capitoli dedicati alle strutture logiche del pensiero si concentra proprio sulla fine della logica in senso hegeliano e tira le somme delle varie conquiste fatte nei capitoli precedenti. Viene ribadito come la logica sia un “pensare del pensare” e come essa necessiti della determinazione dell’oggetto per autodeterminarsi. In questo senso, il punto finale del discorso logico coincide con la consapevolezza del percorso fatto, come di una totalità senza presupposti, autodeterminantesi proprio attraverso tale conoscersi; “l’Idea Assoluta o la compiuta totalità della determinatezza deve consistere nel conoscersi di tale totalità” (p.98).

A questo punto comincia la seconda parte del libro, più breve e dedicata al declinarsi delle strutture logiche esposte nell’ambito delle scienze naturali, socio-politiche e culturali.

Nell’ottavo capitolo l’A. attacca lo studio moderno della natura, reo di essere fondato su una concezione della ragione totalmente strumentale. Essa si applicherebbe in modo del tutto esterno ai dati empirici raccolti, non assolvendo quindi al compito di integrazione delle categorie ontologiche nella dimensione dell’essere naturale.

Allo stesso tempo, anche la fondazione intersoggettiva delle determinazioni razionali del reale fallisce. Come l’A. mostra nel nono capitolo, attraverso l’analisi della filosofia dello spirito soggettivo, “Hegel mostra come a ogni livello dell’attività mentale, la mente abbia aspetti indipendenti dagli altri individui, i quali aspetti consentono relazioni intersoggettive, attraverso le quali la mente stessa acquisisce ulteriormente dimensioni irriducibili al sé singolo” (p.120).

A partire da quanto detto circa l’intersoggettività, va allora definita meglio la dimensione etica e del vivere comune. Il decimo capitolo è dedicato dall’A. all’etica e alla sua relazione complessa con l’economia. L’etica hegeliana, secondo Winfield, non può essere una “scienza del bene supremo”, né una “costruzione procedurale”, ma al contrario deve essere “una filosofia della realtà dell’autodeterminazione; ovvero, una filosofia del diritto” (p.131). Il mercato va ripensato come comunità etica autodeterminantesi, nella quale venga garantita la stessa possibilità di libera partecipazione ai componenti della comunità stessa. In questo senso, la proposta dell’A. è quella di costruire un “capitalismo dal volto umano” (p.XIV;144).

Il problema del pluralismo all’interno di un sistema politico autodeterminantesi è alla base della discussione condotta nell’undicesimo capitolo. Per l’A. la soluzione va individuata nel concetto di “universale concreto” hegeliano. L’autogoverno non deve infatti prevedere l’immediata identità tra governante e governato, ma è, al contrario, la pluralità dei programmi politici e delle associazioni a permettere l’effettivo autodeterminarsi del governo politico.

Il penultimo capitolo è dedicato alla definizione della modernità come anti-fondazionalismo all’interno della dimensione del mondo globalizzato. L’A. affronta problemi legati alla premodernità di quegli stati che non hanno ancora ottenuto la capacità di autodeterminazione. Per questo motivo la modernità deve essere globalizzata; scrive Winfield: “poiché la modernità comprende di avere una normatività senza eguali, essa non può fallire nel riconoscere che la sua globalizzazione è un imperativo normativo” (p.162). La soluzione non può essere certo trovata in forme di “modernizzazione esterna”, coincidenti con colonialismo o imperialismo, ma, come compreso anche da Hegel, l’istituirsi di forme di libertà razionale deve essere espressione di strutture già presenti nel processo di determinazione. Solo col raggiungimento del post-colonialismo e l’autodeterminarsi di tutti gli stati ancora premoderni si potrà giungere, secondo l’A., all’effettiva globalizzazione del mondo. Nell’ultimo capitolo, infine, Winfield compie un piccolo esperimento comparativo tra le varie espressioni letterarie dell’Oriente e dell’Occidente, nei generi dell’epica, della lirica e del dramma. Tali generi sono considerati appunto “opzioni attuabili di civilizzazione” (p.175). Seguendo le riflessioni estetiche di Hegel, ogni produzione letteraria viene interpretata in quanto espressione delle dimensioni politico-culturali nelle quali nasce. Gli stessi poemi sanscriti divengono una porta sulle dinamiche di autocomprensione presenti in tali culture antiche. Le conclusioni dell’A. convergono allora in un’ultima riflessione: “mentre i generi fondamentali dell’epica, della lirica e del dramma sono opzioni costanti di espressione letteraria, le forme, che ognuno di essi acquisisce, riflettono l’autocomprensione della civiltà a cui esse appartengono” (p.187).

Il libro di Winfield è sicuramente apprezzabile per il progetto impegnativo di render fede al più profondo messaggio della filosofia hegeliana. Il declinarsi delle strutture logiche sempre in relazione a un più ampio progetto pratico è il filo conduttore dell’intero lavoro. Esso punta a mostrare come, perché una tale operazione possa riuscire, sia necessario riflettere sulla definizione dei concetti di autonomia razionale e di autodeterminazione.

Nonostante le molteplici competenze, che permettono all’A. di spostarsi agilmente tra i vari campi dello spirito, dalle scienze naturali, alla filosofia politica, all’economia, per finire nelle produzioni artistiche, il procedere argomentativo soffre proprio di un eccesso di ambizioni. Molti capitoli sembrano troppo brevi e compressi per poter esprimere fino in fondo e con necessaria accuratezza tutti gli aspetti della proposta dell’A. Esempio lampante della critica appena esposta risulta essere il programma di pluralismo politico esposto nell’undicesimo capitolo. Sebbene coerente nella declinazione dei processi di autodeterminazione all’interno di quell’universalità concreta che è lo stato, l’analisi dell’autore dedica troppo poco spazio a problematiche centrali per lo Hegel politico, come la difficile relazione tra soggetto morale e istituzione etico-politica. Utilizzare le strutture esposte a livello logico all’interno dell’ambito della filosofia del diritto è certamente un’idea valida. A ciò deve però seguire la comprensione di quelle figure peculiari della filosofia del diritto hegeliana, che si pongono come realizzazione di tali strutture logiche.

In conclusione, il libro va sicuramente considerato come un audace e prezioso tentativo di lettura della filosofia hegeliana in un’ottica sistematica, che possa incidere in modo diretto sulla nostra comprensione contemporanea del mondo. Allo stesso tempo l’esposizione presenta il bisogno di ulteriori approfondimenti e di precisazioni, in alcuni casi necessarie per una più ampia e completa giustificazione della proposta.

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