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NEW RELEASE: Giulia Battistoni (ed.), “Fondamenti per un agire responsabile” (FrancoAngeli, 2020)

NEW RELEASE: Giulia Battistoni (eds.), "Fondamenti per un agire responsabile" (Franco Angeli, 2020)

We are very glad to give notice of the release of the book Fondamenti per un agire responsabile. Riflessioni a partire dalla filosofia classica tedesca, edited by Giulia Battistoni (FrancoAngeli, 2020).

From the publisher’s website (in italian):

Il volume riunisce contributi che, rispondendo ad un’esigenza oggi molto sentita, si interrogano sui concetti di libertà, responsabilità e imputazione: si tratta di categorie fondamentali non solo in ambito morale, per definire la colpa del soggetto agente, ma anche in ambito giuridico, per definire una pena che sia equa e giusta.
I saggi qui presentati analizzano, da un lato, le condizioni di attribuzione di responsabilità e di libertà all’essere umano; dall’altro, rintracciano forme di libertà anche in riferimento alla natura (tradizionalmente compresa come regno della necessità) e all’indagine filosofica stessa. Si dispiegano così differenti prospettive, che risultano complementari nella comune ricerca di un fondamento filosofico. A partire da un classico della filosofia antica, Platone, si giungerà, passando attraverso le concezioni della libertà di Leibniz, Kant e Fichte, alla filosofia di Hegel, di cui proprio nel 2020 si celebrano i 250 anni dalla nascita, proseguendo da qui verso la contemporaneità. Ci si interrogherà, infine, sul significato della pratica filosofica e sulla responsabilità che essa comporta.

Scritti di: G. Battistoni, G. Erle, S. Fuselli, P. Giuspoli, F.L. Marcolungo, F. Menegoni, A. Moretto, A. Schmidt, K. Vieweg

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We are pleased to share the Introduction to the volume with our readers:

Il volume Fondamenti per un agire responsabile. Riflessioni a partire dalla filosofia classica tedesca ha origine da un confronto iniziato ad un convegno tenutosi all’Università di Verona, il 30 ottobre 2017, e confluito in un lavoro proseguito negli anni successivi, in alcuni casi tramite la discussione diretta tra gli autori. Il volume riunisce contributi che si interrogano sui concetti di libertà, responsabilità e imputazione: si tratta di categorie fondamentali non solo in ambito morale, per definire la colpa del soggetto agente, ma anche in ambito giuridico, per definire una pena che sia equa e giusta. Le prospettive da cui tali questioni vengono affrontate sono differenti, ma risultano complementari nella comune ricerca di un fondamento filosofico. Questo viene ritrovato, in particolare, negli autori della filosofia classica tedesca e, per lo più, in G.W.F. Hegel, di cui proprio nel 2020 si festeggia il duecentocinquantesimo anniversario della nascita. I molteplici eventi organizzati in tutto il mondo in onore del filosofo di Stoccarda, insieme agli studi che ormai da decenni in Italia e all’estero hanno contribuito ad una rivitalizzazione del suo pensiero, mostrano come una filosofia che può apparire astratta e oltrepassata costituisce in realtà un continuo spunto di lavoro e di riflessione. Talvolta per andare avanti è necessario tornare indietro.
Il volume segue un percorso cronologico-tematico: parte da un classico della filosofia antica, Platone, che mette in atto lo strumento della dialettica come metodo di indagine verso il conseguimento della verità, per giungere, passando attraverso le concezioni della libertà di Leibniz, Kant e Fichte, alla filosofia di Hegel, proseguendo verso la contemporaneità e portando il messaggio, ancora vivo, di cosa significhi “fare filosofia” e quale responsabilità questo comporti. Di seguito verranno brevemente presentati i contributi contenuti nel volume.
Nel suo saggio, Rispondere a se stessi per rispondere di se stessi. Appunti sul Critone, Stefano Fuselli prende le mosse dalla comune necessità degli studiosi, che tentano di giustificare l’obbedienza alle leggi, di rivolgersi al Critone platonico: le ragioni per cui Socrate rimane in carcere e affronta la morte possono infatti essere interpretate come anticipazioni delle tesi contemporanee sull’obbligatorietà. Il Critone sembra presentare, in particolare, due argomenti a giustificazione dell’obbedienza alla legge: l’argomento dell’autorità, per cui la legge va obbedita in quanto tale; l’argomento del patto, per cui Socrate deve la sua obbedienza ad un accordo con le leggi della sua città. Fuselli propone tuttavia un’originale rilettura del discorso dei nomoi, secondo la quale Socrate sarebbe chiamato ad una scelta che lo mantenga in unità sia con la sua esistenza sia con la comunità. L’accordo tra Socrate e le leggi è inteso così come «l’esito di un processo attraverso cui si è via via reso manifesto quale è il principio del vivere bene che, come tale, mantiene l’individuo che gli dà ascolto in unità con la sua comunità, con i suoi affetti e con se stesso, cioè con la sua storia, con le sue idee, con le sue scelte» (p. 24). Tale accordo è il risultato di un processo di ricerca dialettica della verità, che porta al ricongiungersi dei diversi logoi, ma anche al ricongiungersi del logos con se stesso. Nel dialogo con i nomoi, Socrate fa infatti esperienza di sé come un tutto, che si produce in un processo dialettico che lo mantiene in unità con se stesso, pur passando attraverso la negatività e la differenza. Fuselli dimostra anche che il dialogo con i nomoi può essere letto in continuità con i primi quattro libri della Repubblica, che riguardano la definizione di giustizia. Agire secondo l’essere proprio di ciascuno comporta una scelta verso ciò che rende una vita degna di essere vissuta e in tal senso ognuno deve rispondere di sé.
In Essere e attribuzione di libertà in Fichte, Andreas Schmidt si sofferma, in un primo momento, sui concetti fondamentali alla base della filosofia fichtiana: l’Io assoluto, l’autocoscienza, l’intuizione intellettuale. Sottolineando come per Kant non si dia libertà nel mondo fenomenico, l’A. propone un’ontologia delle entità sociali, fondate su oggettività, riconoscimento e intersoggettività, a partire dal pensiero di Samuel Pufendorf, per il quale l’essere morale compete ad entità istituzionali «la cui esistenza è dovuta ad atti performativi di attori liberi» (p. 39). A partire da ciò e sulla base della filosofia di Fichte, l’A. interpreta l’Io libero, come oggetto nel mondo fenomenico, come persona moralis che deve il suo essere all’attribuzione. L’A. sostiene che l’intuizione intellettuale non rappresenta di per sé la coscienza di poter agire differentemente: essa risulta deficitaria, portando alla necessità di un concetto di libertà come realtà sociale. La libertà si manifesta, in particolare, negli atti di esortazione, la quale compete alle azioni comunicative. Con ciò, l’A. si oppone alla riduzione, di stampo foucaultiano, della libertà a pregiudizio metafisico e sottolinea che la libertà è un fatto sociale che esiste oggettivamente, essendo reciprocamente e spontaneamente attribuita nell’agire comunicativo. Con ciò, Schmidt sostiene anche che non sussiste un contrasto tra fatti sociali e coscienza: quest’ultima diviene anzi possibile tramite i primi.
In Libertà e meccanismo in Leibniz, Kant e Hegel, Antonio Moretto presenta delle riflessioni sul rapporto tra libertà e filosofia naturale a partire dal pensiero di questi tre filosofi. Secondo Leibniz vi sono cause che non (ap)percepiamo e che dirigono la nostra scelta, allo stesso modo con cui un ago magnetico ruota verso Nord. Si tratta di una “teoria dei movimenti insensibili della materia”. In tal senso, l’anima umana andrebbe intesa come un automa spirituale, sebbene le azioni libere non siano sottoposte ad una necessità assoluta. Esistono infatti, secondo Leibniz, movimenti insensibili e piccole percezioni che inclinano la nostra scelta, senza tuttavia determinarla. Per quanto riguarda Kant, l’A. si sofferma sulla critica del filosofo di Königsberg all’automaton spirituale di Leibniz: Kant considera infatti inadeguato un concetto di libertà ricavato dal meccanismo della natura (famoso è il paragone kantiano della libertà proposta da Leibniz alla libertà di un girarrosto). Come è noto, Kant risolve l’apparente contraddizione tra necessità e libertà mantenendo separati il piano fenomenico, in cui il soggetto soggiace alla necessità naturale, e il piano noumenico, in cui il soggetto è libero. Per quanto riguarda Hegel, l’A. si concentra sul meccanismo come categoria logica all’interno della Scienza della logica e come categoria fisica all’interno della Meccanica, nella Filosofia della natura, per dimostrare che la libertà non si manifesta, nel sistema hegeliano, solamente nella Filosofia dello spirito. Nella Logica, Hegel distingue tre gradi di meccanismo: quello formale, in cui la libertà è assente (come nella memoria meccanica); il meccanismo differente, caratterizzato da libertà relativa (come nel caso della caduta dei gravi); il meccanismo assoluto, in cui è rinvenibile la libertà del movimento (come nel caso del sistema solare). Con ciò l’A. offre un confronto tra i tre filosofi, incentrato sul rapporto tra libertà e meccanismo, mostrando che tale rapporto, nonostante riguardi concetti che apparentemente si escludono a vicenda, si presta ad una fruttuosa problematizzazione.
A partire da una riflessione sulla natura, volta a mostrare come già in tale contesto si possa scorgere il germe della libertà, prende le mosse anche il contributo di Giorgio Erle, L’inizio della libertà del soggetto e l’organismo: riflessioni a partire dalle filosofie della natura di Hans Jonas e di Hegel. L’A. ritiene sia possibile sviluppare un confronto tra Hegel e Jonas, che concerne il rapporto tra natura ed etica. I due filosofi condividerebbero una visione della natura come caratterizzata dalla presenza dello spirito, della soggettività, allo stato latente, e con ciò un movimento ascensionale, con valore metafisico, dal sensibile al sovrasensibile: in entrambi la natura costituisce, quindi, una sorta di esteriorità, da cui è possibile risalire al pensiero. Tale impostazione permette a Jonas di «procedere da una ‹biologia filosofica› ad una visione cosmologica fondata sull’essere e, in definitiva, ad individuare e a giustificare la responsabilità come principio per l’essere umano […]» (pp. 70-71). Il contributo è volto allora a dimostrare che il passaggio attraverso la filosofia della natura, in Hegel e in Jonas, risulta tutt’altro che secondario, proprio perché è a livello naturale che inizia a manifestarsi la libertà del soggetto. L’A. si concentra, in particolare, sulla visione dell’organismo, che si caratterizza come totalità che si mantiene e si autoproduce, rendendo visibile il legame tra libertà e soggettività già a livello naturale. La libertà sembra trovarsi in unità dialettica con la necessità, manifestando la capacità mediatrice del soggetto, che va incontro all’alterità pur mantenendo la sua identità. In Jonas si realizza il superamento, a livello naturale, dell’antinomia tra libertà e necessità che rivela un’intenzionalità del soggetto. Il contributo si conclude con un confronto tra agire animale e agire umano, che si gioca su diversi gradi di consapevolezza degli attori: ciò conduce ad una riflessione sulla responsabilità dell’agente.
Nel suo saggio La dottrina hegeliana del giudizio come fondamento logico dell’imputabilità, Klaus Vieweg ricostruisce il fondamento logico della teoria hegeliana dell’imputabilità, ricavandolo dalla dottrina del giudizio di Hegel. Sulla base delle differenti specie di giudizio, intese come successione di gradi corrispondenti ai gradi dell’essere, dell’essenza e del concetto, Vieweg sviluppa una tavola dei giudizi pratici: il giudizio dell’esserci viene posto dall’autore a fondamento dell’aspetto singolare dell’azione, il proponimento, nonché il primo livello di imputazione; il giudizio della riflessione corrisponde poi al piano dell’intenzione e il giudizio della necessità esprime il benessere come scopo particolare dell’azione, esaurendo il secondo livello di imputazione. Il giudizio del concetto costituisce infine il fondamento logico dell’ultimo livello di imputazione, riferendosi al valore universale dell’azione, al bene e al male. Vieweg concentra la sua attenzione, in particolare, sui primi due livelli e momenti dell’imputazione, fondati sul giudizio dell’esserci da un lato, sul giudizio della riflessione e della necessità dall’altro. Il risultato è un contributo in cui si mostra come il passaggio da un elemento dell’azione a quello successivo, così come il passaggio da un livello di imputazione ad un altro possono essere spiegati attraverso la successione di forme di giudizio, che esprimono anche tipologie di azioni particolari. La transizione dalla Moralità all’Eticità si fonda, infine, sul piano logico, sul passaggio dal giudizio al sillogismo.
Chi scrive queste note introduttive ha cercato di mostrare, nel saggio Wissen und Wollen: il fondamento dell’imputazione della responsabilità in G.W.F. Hegel, il fondamentale ruolo del sapere e del volere del soggetto per giustificare l’imputazione di un’azione come responsabilità dell’agente, in termini hegeliani. E, tuttavia, tale prospettiva non rimane ancorata ad una valutazione soggettivistica dell’azione: è infatti solo all’interno del contesto sociale che il sapere e il volere del soggetto raggiungono la loro concreta realizzazione, riformulati come sapere e volere di ciò che è razionale in sé e per sé, valido nell’oggettività sociale. Anzitutto, viene analizzata la complementarità di intelligenza e volontà, a partire dalla Psicologia di Hegel, per poi mostrare come il concetto di volontà libera, intesa come volontà pensante, si configuri come il fondamento della filosofia pratica hegeliana, nonché della teoria dell’imputazione di Hegel. Si argomenta poi che il sapere richiesto al soggetto affinché un’azione possa essere imputata come sua responsabilità rappresenta un diritto soggettivo, ma allo stesso tempo anche un dovere dell’agente, inteso come essere pensante. Il sapere del soggetto si articola, all’interno della sezione Moralità dei Lineamenti di filosofia del diritto, in tre livelli, che corrispondono ai tre elementi che definiscono
l’azione in termini hegeliani e ai tre livelli di imputazione. Dallo sviluppo dei diritti della volontà soggettiva e del sapere si evince che l’azione viene imputata all’agente non tanto sulla base del sapere effettivo che egli possedeva nel momento in cui stava agendo, quanto piuttosto sulla base della possibilità di sapere, espressa dalla pretesa hegeliana per cui il soggetto “ha potuto sapere” che qualcosa è giusto o ingiusto. A ciò si aggiunge la pretesa normativa del dover sapere (“avresti dovuto saperlo”), che mette in scena il concetto del Sollen, con tutte le implicazioni che esso possiede per il livello morale. Il risultato di questo percorso è il seguente: a fondamento dell’imputazione della responsabilità Hegel riconosce condizioni soggettive, esposte all’interno della Moralità, ma anche condizioni oggettive, che nella Moralità vengono anticipate, per trovare massima espressione nell’Eticità.
Come emerge dal titolo del suo contributo, Fondamenti per un agire responsabile: la dialettica tra convinzione e riconoscimento nella «Fenomenologia dello spirito» di Hegel, Francesca Menegoni mette in luce proprio il rapporto dialettico tra le due dimensioni per Hegel inseparabili nella sua concezione dell’agire: quella del singolo e quella dei rapporti intersoggettivi. L’individuo realizza infatti se stesso all’interno di una comunità in cui viene riconosciuto, e che, a sua volta, si realizza in istituzioni in cui l’individuo riconosce se stesso. A partire dal capitolo della Fenomenologia dello spirito dedicato alla moralità, in cui Hegel si confronta con le filosofie morali a lui contemporanee, l’A. affronta la dialettica tra convinzioni personali e riconoscimento interpersonale. Anzitutto, Menegoni sottolinea il guadagno che Hegel ricava dal confronto con le visioni morali del suo tempo: in generale, Hegel mostra l’insufficienza e i limiti delle morali kantiane e post-kantiane, che non riescono a conciliare i casi particolari con i principi universali, dando luogo a distorsioni. Ciò porta la coscienza a voler rinunciare a qualsiasi visione morale del mondo e ad agire secondo la propria certezza morale. A questo punto, emerge il ruolo delle convinzioni personali come fondamento dell’azione responsabile: è infatti il momento della decisione a rendere l’azione reale, ed in particolare la decisione della coscienza (Gewissen) di agire secondo la propria certezza. L’autoreferenzialità del Gewissen porta tuttavia con sé conseguenze negative, come emerge dalla parte finale della sezione Moralità dei Lineamenti di filosofia del diritto. Hegel ammette infatti una duplice natura del Gewissen: come voce interiore che attribuisce realtà all’azione, il Gewissen possiede un significato positivo, mentre diviene fonte del male quando diventa l’unico fondamento normativo dell’agire morale. Per questo si rende necessario un confronto interpersonale, nel medium linguistico. Il quadro si completa con la trattazione del linguaggio e del suo ruolo mediatore.
Il linguaggio svolge un ruolo fondamentale nel saggio Hegel e Lévinas: la responsabilità per l’altro. In esso, Ferdinando Luigi Marcolungo affronta il rapporto tra Lévinas ed Hegel, concentrandosi sull’interpretazione levinassiana della Fenomenologia dello spirito. L’A. interpreta il pensiero di Hegel come retroterra fondamentale in cui si è sviluppato il pensiero di Lévinas stesso. Anzitutto, l’A. rinviene la presenza di Hegel nei Quaderni di prigionia, che risalgono al periodo trascorso da Lévinas nei campi di lavoro nazisti tra il 1940 e il 1945, periodo in cui la Fenomenologia dello spirito di Hegel divenne la lettura filosofica di riferimento per Lévinas: sembra addirittura che egli si sia proposto una nuova fenomenologia dello spirito, volta a chiarire la responsabilità dell’io di fronte all’altro, in ottica anti-hegeliana. La dialettica servo-padrone viene così letta alla luce di una dimensione della libertà che va presupposta e che rende il soggetto irriducibile rispetto ai tentativi di dominio altrui. Lévinas si propone di superare l’universalità della ragione hegeliana, individuando nella parola, nel linguaggio, l’elemento che permette di aprirsi all’Altro. Nella sua opera matura, Totalità e Infinito, su cui si concentra la seconda parte del saggio, Lévinas si propone di rivendicare l’interiorità dell’io, partendo dall’irriducibilità dello sguardo dell’altro. In Lévinas si verifica così l’apertura ad un terzo, il Noi: in ciò svolge un ruolo fondamentale il passaggio dall’Io al Noi presente nella Fenomenologia dello spirito. Il Noi rimanda alla dimensione dello Stato e delle istituzioni, che in Lévinas non devono tuttavia sopprimere il singolo, quanto piuttosto garantire giustizia. L’ultima parte del saggio si concentra sul ciclo di lezioni tenute da Lévinas alla Sorbona tra il 1975 e il 1976 sul tema Dio, la morte e il tempo, per far emergere, nuovamente, la presenza di categorie hegeliane tratte dalla Fenomenologia dello spirito nella concezione levinassiana della responsabilità per l’altro e nella ripresa del tema della morte.
L’ultimo saggio, Indagine filosofica e responsabilità epistemica: Hegel, di Paolo Giuspoli, discute un significato del termine “responsabilità” che è irriducibile a quelli più comuni di responsabilità morale e giuridica. Giuspoli analizza il significato di responsabilità epistemica ed ontologica che Hegel attribuisce alla filosofia, la quale, tramite l’assunzione di tale responsabilità, si può sviluppare a sapere razionale che mette in atto il pensiero libero, divenendo indagine scientifica del reale. La decisione fondamentale da cui si origina l’indagine filosofica, quella cioè di pensare in maniera pura, comporta, nel pensiero di Hegel, una assenza di presupposti. La filosofia non può infatti presupporre né i suoi oggetti né il suo metodo; essa deve mettere in discussione ogni cosa, deve essere un’interrogazione radicale. Solo in tal modo potrà svilupparsi come scienza della libertà. La decisione di filosofare in questo modo diviene l’assunzione del compito che la filosofia dà a se stessa e che comporta un abbandono del punto di vista della coscienza ordinaria, intrappolata nel rapporto oppositivo tra soggetto e oggetto. Tale è il percorso descritto nella Fenomenologia dello spirito, come
scienza dell’esperienza della coscienza. Ma è nella Scienza della logica che viene portato avanti il tentativo di sviluppare un sapere razionale autofondato. Ciò avviene tramite una “de-soggettivizzazione” dell’atto conoscitivo, non limitato da alcuna prospettiva di osservazione, e attraverso una concezione del pensiero non concepito come mero prodotto del soggetto, ma come pensiero concettuale, oggettivamente razionale. La responsabilità epistemica è strettamente legata ad una forma di responsabilità ontologica, dal momento che la filosofia come scienza razionale riguarda la realtà effettiva (Wirklichkeit). Il compito fondamentale della filosofia di comprendere razionalmente la realtà effettiva viene attuato pensando in maniera pura: e questa è una decisione responsabile, nel senso di una responsabilità epistemica e ontologica. In ciò si determina la visione della filosofia come scienza, come libera conoscenza concettuale.

The volume is part of the editorial series Filosofia and is available as open-access pdf on the publisher’s website.

 

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