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Book Review: James Kreines, “Reason in the World: Hegel’s Metaphysics and Its Philosophical Appeal” (Armando Manchisi)

Proponiamo la recensione del testo di James Kreines, Reason in the World: Hegel’s Metaphysics and Its Philosophical Appeal, scritta da Armando Manchisi e apparsa sull’ultimo numero di Universa. Recensioni di filosofia. Il testo PDF della recensione è disponibile qui.

James Kreines, Reason in the World: Hegel’s Metaphysics and Its Philosophical Appeal, Oxford University Press, 2015, pp. 304, $ 74.00, ISBN 9780190204303

In questa sua prima opera monografica J. Kreines ha il merito di mettere in campo una strategia interpretativa ambiziosa e rigorosa. L’obiettivo è duplice: innanzitutto, proporre un’ampia lettura del pensiero di Hegel, tornato negli ultimi vent’anni al centro del dibattito nel mondo anglofono. A ciò si affianca una presa di posizione sul più generale problema dello statuto della metafisica nel discorso filosofico contemporaneo. L’A. riesce così a condurre una lettura dei testi che ha come fine primario il rendere giustizia all’impresa hegeliana, non nascondendo il giudizio di “impopolarità” che essa può incontrare oggi.

La domanda che anima l’intero volume è: “qual è lo scopo o l’oggetto della metafisica?”. Per Kreines, prestare attenzione a quanto ha detto Hegel è un buon modo per rispondervi. Infatti, “l’idea di Hegel è che la metafisica, nella sua miglior versione, si dedichi alle domande più generali e dirette circa il perché delle cose; questo ha a che fare con ciò che Hegel chiama ‘ragione’ o ‘il razionale nel mondo’” (p.3). Capire questo permette di mettere in chiaro due punti fondamentali. Innanzitutto, che il discorso hegeliano non ha una base epistemologica: il nucleo della sua filosofia non è una teoria del linguaggio o della giustificazione di asserzioni. Essa ha a che fare piuttosto con “le ragioni esplicative del perché le cose fanno quel che fanno, o sono come sono”. Ed è per questo che quella hegeliana è una “metafisica della ragione”, ovvero un’“indagine filosofica sulle ragioni esplicative [explanatory reasons], o ragione nel mondo” (p.9). Per chiarire questa posizione vengono intesi come riferimenti costanti in particolare Spinoza e Kant, cui Kreines si rivolge per segnalarne innanzitutto le differenze dal progetto speculativo hegeliano. Questi riferimenti non portano tuttavia a comprendere la filosofia hegeliana come “modificazione” o “radicalizzazione” di quella kantiana, né come una difesa dello spinozismo.

Essenziale è ciò che Hegel chiama “pensiero oggettivo”, che significa “dire che nel mondo c’è intelletto, c’è ragione” (Enz §24A). Per Kreines, questo indica che la ragione è una realtà dotata di potere “esplicativo” prima ancora che “epidemico”, cioè è in virtù di essa che possiamo comprendere il perché delle cose (p.8). Questa ragione, tuttavia, non va pensata come “fondamento”: una delle tesi più importanti dell’intera opera, infatti, è l’accento posto sul rifiuto hegeliano di qualsiasi fondazione, intesa come l’appellarsi a un principio che non poggi su nulla ma su cui tutto si sostiene e da cui tutto si deduce. Questa visione è frutto di un intellettualismo che per Hegel va superato. Ciò che invece si deve avere in mente, spiega Kreines, è che queste ragioni “sono sempre collocate in ‘concetti’ immanenti” (p.22).

Il volume si divide in dieci capitoli, distribuiti in tre parti: nella prima trova luogo un’analisi della sezione “Oggettività” della Scienza della logica; la seconda apre una parentesi di confronto con la prima Critica kantiana; la terza e ultima parte, infine, considera le pagine della Logica sull’idea, le quali sembrano riassumere pienamente la centrale nozione di “ragione nel mondo”.

La prima parte del volume cerca di mettere in luce la necessità di intendere i “concetti immanenti” come “primitive” potenze esplicative del reale. Il primo capitolo vuole perciò mostrare come per spiegare il “perché” il mondo funzioni in un determinato modo bisogna considerare quello che viene chiamato “meccanismo ragionevole” (p.36). Hegel sembra cioè ammettere la possibilità di trattare alcuni oggetti in termini meccanicisti, ma solo riconoscendo una concettualità in virtù della quale tali oggetti possono essere spiegati.

La medesima operazione è alla base anche del rifiuto hegeliano dell’empirismo, analizzato nel secondo capitolo. Bersaglio eminente è soprattutto la prospettiva neo-humiana. Essenziale è la comprensione hegeliana delle leggi della natura: esse “governano” l’universo (ad es. il movimento dei pianeti nel sistema solare) e sono perciò una forma di ragione nel mondo. L’empirismo humiano, invece, intende l’essere come “pura indifferenza”, ovvero come un orizzonte nel quale è impossibile reperire una concettualità determinata. In questo modello le leggi della natura sono mere generalizzazioni, prive di potere esplicativo. Kreines ne approfitta anche per mostrare l’inconsistenza di quelle letture “non-metafisiche” di Hegel che si richiamano alle somiglianze con la critica di Sellars al mito del dato. Infatti, nota giustamente l’A., l’intenzione di Hegel, contro l’empirismo, è di “difendere una metafisica”, non di confutarla (p.63).

Nel terzo capitolo, poi, viene presa direttamente in considerazione la trattazione hegeliana della teleologia, omettendo quella sul chimismo che verrà trattata nel capitolo settimo. Centrale è la distinzione fra finalità esterna e interna introdotta da Kant nella Critica del giudizio. In generale, la tesi di Kreines è che mentre Kant ha difeso una posizione inflazionista, ovvero una forma di scetticismo intorno alla possibilità di conoscere l’esistenza di fini di natura, Hegel, pur accettando la distinzione kantiana, assume una posizione ottimista (né puramente inflazionista né deflazionista), che difende cioè la possibilità di spiegare la struttura degli esseri viventi in termini teleologici (p.91). Per l’A. è inoltre importante mostrare come la riflessione di entrambi questi pensatori, nonostante il loro esito differente, non sia affatto divenuta obsoleta e possa anzi contribuire al dibattito contemporaneo.

La seconda parte del volume è dedicata a un serrato confronto fra il progetto hegeliano e la critica kantiana alla metafisica. Nel quarto capitolo viene perciò preso in considerazione l’argomento centrale della “Dialettica trascendentale” della Critica della ragion pura. La nostra ricerca teoretica – si legge in queste pagine – richiede una guida da parte dell’idea di incondizionato; tuttavia, la conoscenza, in quanto limitata dalla sensibilità, ci rende impossibile sapere qualcosa di questo incondizionato. Kant mostra perciò come le affermazioni di un certo razionalismo metafisico cadano inevitabilmente o nel dogmatismo o nell’autocontraddittorietà. È importante riconoscere con Kreines come questa critica non abbia come bersaglio un qualche oggetto o entità, quanto una specifica “forma argomentativa” (p.112). Il che vuol dire che Kant non decreta affatto una “fine della metafisica”, quanto una sua trasformazione attraverso una “restrizione epistemica” (p.130). Nel quinto capitolo l’A. ricostruisce la “risposta” hegeliana a Kant. Hegel, infatti, riconosce l’importanza della “Dialettica trascendentale”, ma si impegna a volgerla nel senso di una “metafisica costruttiva della ragione” (p.144). È senz’altro interessante come Kreines, coerentemente con la sua strategia interpretativa, mostri come questi problemi costituiscano una sfida sempre attuale per chi si dedica a questioni metafisiche. Da parte sua, la filosofia hegeliana sembra proporre alcune importanti soluzioni. In virtù soprattutto del suo “ottimismo epistemico”, Hegel può raccogliere la sfida kantiana, ampliandone i limiti. Il suo tentativo è quello di ricostruire sistematicamente una metafisica alla luce dell’insegnamento di Kant, evitando, cioè, il ritorno a forme di intellettualismo e sviluppando la connessione kantiana fra idea, ragione e incondizionato.

La terza e ultima parte dell’opera riprende il confronto con la Scienza della logica, affrontandone la sezione finale. Coerentemente con le conclusioni della parte precedente, queste pagine si occupano della dottrina hegeliana dell’idea nei termini di una “ragione completa”. Tuttavia, l’A. antepone a questa trattazione un’analisi più esplicita della critica di Hegel alla metafisica dell’intelletto. Nel sesto capitolo viene preso in esame, in particolare, il pensiero della sostanza come fondamento del reale. Se si ragiona in termini di “esplicabilità” del mondo, infatti, ci appare una conclusione necessaria il pensare l’esistenza di un “sostrato ultimo” da cui tutto dipenderebbe. Essendo proprio dell’intelletto funzionare in termini di “giudizi soggetto-predicato”, Kreines chiama questo sostrato anche “soggetto finale”, cioè quell’assolutamente indeterminato, terreno di ogni determinazione predicativa (p.158). Tramite un confronto con alcuni pensatori fondamentali dell’età moderna, l’A. mostra come l’unica via di fuga dagli impasse dell’intelletto sia il passaggio a una metafisica della ragione. In particolare, questo passaggio implica una forma di “olismo metafisico”, per il quale la natura di qualcosa dipende dalle sue relazioni con l’altro da sé (e non più da un fondamento ultimo) e per il quale, di conseguenza, l’alterità e le contraddizioni che ne derivano non rappresentano più un limite invalicabile, ma uno stimolo a comprendere l’intero. Questo mutamento di prospettiva viene analizzato nel capitolo settimo tramite il confronto con la sezione della Logica sul chimismo. Proprio quelle pagine, infatti, permettono di cogliere in modo incisivo l’idea hegeliana di una razionalità che sia al contempo “legalità” e “interazione” nel mondo (p.183).

L’ottavo capitolo introduce perciò la forma eminente di tale “ragione completa”: l’idea. Kreines dedica ampio spazio in particolare alla sua forma immediata, ovvero all’idea della vita, intesa innanzitutto come realizzazione della finalità interna del concetto. Di grande importanza è comprendere come la “completezza esplicativa” dell’idea non implichi affatto un monismo metafisico: per l’A. l’idea deve essere realizzata in qualcosa che non è nella forma dell’idea (p.200).

Nel nono capitolo diviene poi particolarmente chiaro come l’idea sia un processo che pone in relazione universale, particolare e individuale. Ampio spazio è dedicato all’analisi dell’idea assoluta, definita come quel “genere di spiegazione che stiamo cercando quando cerchiamo di spiegare ogni cosa” (p.221). Tuttavia, anche qui, per Kreines, bisogna tener presente come non tutto si esaurisca in un unico orizzonte; anzi: la stessa realizzazione dell’idea assoluta dipende proprio dall’esistenza di “forme incomplete di ragione” (p.232). Questo ci autorizzerebbe a parlare di “idealismo” hegeliano, ma solo in virtù di una priorità metafisica dell’idea e non di un suo ruolo fondativo. Si può perciò anche parlare di “monismo epistemologico”, ma solo perché “l’intellegibilità ultima di ogni cosa dipende dall’intellegibilità dell’idea assoluta” (p.234).

Il decimo e ultimo capitolo è dedicato a comprendere “metodo e conclusione della Logica”, riprendendo anche la questione del cominciamento speculativo. In battute piuttosto rapide sono considerati alcuni concetti-chiave dell’ermeneutica hegeliana: contraddizione, Aufhebung, negazione determinata, rapporto finito-infinito, circolarità del metodo. Nelle ultime pagine sono poi riassunti i punti centrali dell’intero studio tramite il confronto con il concetto di “Dio/Uno” di Spinoza e l’epistemologia di Kant, mettendo in luce ancora una volta soprattutto le differenze rispetto al progetto hegeliano. Un progetto – conclude quindi l’A. – che certo non è privo di problemi, ma ciononostante è lungi dall’essere obsoleto, presentando ancora oggi un grandissimo potenziale critico.

Il volume di Kreines riesce quindi a essere coerente con i propri propositi. In particolare, fornisce una chiara e talvolta originale lettura delle filosofie di Hegel e Kant. Nel caso di Hegel il volume ha anche il merito di richiamare l’attenzione degli studiosi su pagine oggi poco considerate. Per questo motivo suscita qualche rammarico la decisione dell’A. di ignorare la sezione della Logica dedicata alle idee del vero e del bene, essenziale per comprendere cosa Hegel intenda effettivamente per “idea assoluta”. Un tale confronto avrebbe fornito allo studio ulteriori coordinate per un’analisi puntuale, ad esempio, dei rapporti fra logica e filosofia reale.

Armando Manchisi. Università degli Studi di Padova

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